PERCHÉ LA GEOGRAFIA

Ancora oggi nell’opinione generale si ha un’idea della geografia come disciplina monolitica basata sulla localizzazione di luoghi e fenomeni e sulla descrizione degli ambienti. Sarà per questo che oggi la materia trova sempre meno spazio nei programmi scolastici quanto nel discorso pubblico: se la geografia è localizzazione e descrizione un buon gps e il web possono fare meglio.

In verità, provando ad accostarsi alla materia si intuisce in fretta di non essere su una bella e solida strada panoramica, ma su un sentiero pieno di bivi e crocicchi che si addentra in un bosco selvoso.

A partire dal suo oggetto di studio –  il rapporto tra l’uomo e lo spazio – la geografia moderna nasce come disciplina bicefala: uno sguardo alla Terra – la geografia fisica – uno sguardo all’uomo – la geografia umana –, la prima concentrata sull’analisi dei fenomeni naturali, la seconda dedita a descrivere e comprendere gli umani gesti.

In breve tempo, alle domande iniziali poste al geografo:  dove? e come?, si aggiunge anche un perché? che infrange ogni sicurezza e apre nuovi campi di indagine.

Dire che certi fenomeni accadono “qui” e “lì” è relativamente semplice, dire perché accadono qui e lì, significa dover iniziare un confronto con le persone, gli abitanti, le comunità, le loro percezioni, i loro valori, le loro idee e ideologie, le loro scelte.

La geografia diviene così fin da subito regina tra le materie di sintesi: per poter indagare il mondo e giungere a qualche tentativo di spiegazione deve chiedere prestiti a destra e a manca, all’economia e alla geologia, all’antropologia e all’ecologia, cercando – come il cervello umano – di intrecciare ragione e sentimento, oggettività e soggettività, indagine quantitativa e qualitativa, in contesti diversi, a scale diverse. Insomma, studiando geografia si capisce che “le capitali a memoria” e gli affluenti del Po sono solo una parte (piccola) della faccenda e che infiniti orizzonti di ricerca sono ancora da esplorare davanti a noi.

Questa apparente fragilità epistemologica – le disparate direzioni di ricerca, i molti dubbi – è ai nostri occhi la forza di questa materia, ciò che la rende capace di “sentire” il presenteadatta a guidarci nella lettura del  complesso e ondivago libro del mondo, a decrittarne i segni, le sue pagine scritte in tante lingue, figlie di contesti culturali in cui oggi si mischiano locale e globale tanto da non capirci più niente.

PERCHÉ UN FESTIVAL DELLA GEOGRAFIA

Ecco perché abbiamo voluto un Festival della geografia: per dare spazio al punto di vista, al contributo, di una disciplina preziosa, quotidianamente in trincea per provare a rispondere alle domande fondamentali circa il nostro presente e il nostro futuro: i grandi processi migratori, l’intenso inurbamento delle masse, l’incontro tra culture, le spinte globalizzanti e le recrudescenze localistiche, la guerra per le risorse, il cambiamento climatico, l’impatto delle nuove tecnologie sul nostro modo di percepire il mondo, la ricerca di nuovi equilibri possibili tra comunità umane e ambiente naturale e tante altre tematiche che qui non abbiamo lo spazio per elencare.

Vorremo così ogni anno, una volta all’anno, sviluppare un tema sotto i suoi diversi suoi aspetti grazie al contributo di geografi e altri esperti che ci aiutino a comprendere il libro del mondo e a trovare il gusto per continuare a leggerlo e scriverlo.

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